Il signor Simpson
Siamo avvolti in un panno dal momento in cui nasciamo fino al giorno in cui moriamo. Abbiamo un rapporto molto personale con esso, è performativo; lo usiamo per identificare noi stessi, le nostre religioni, i nostri lavori e persino le nostre nazionalità. È carico di simbolismo e metafore che spesso esploro attraverso il mio lavoro in un modo più decostruito e defamiliarizzato.
Le vestigia sono i segni che qualcosa è passato, un ricordo tangibile in un frammento o residuo di ciò che è stato e se n'è andato. Il mio lavoro cattura queste tracce, suggerendo i ricordi di eventi passati che hanno lasciato cicatrici nel paesaggio della psiche, creando un'opera ossessionata dalla perdita o dalla tragedia.
Queste tracce rimangono ostinatamente contro l'impossibilità di qualsiasi ritorno, una resilienza di presenza che esige espressione, l'energia persistente della ripetizione inconscia e creativa. Sono echi visivi, registrati nella meticolosa raffinatezza degli oggetti realizzati e nell'intenso lavoro artigianale, affinato attraverso la modellatura, la pittura, la levigatura, la raschiatura, la modellatura e la fusione.
Le sculture sembrano avvolgere e solidificarsi attorno a qualcosa che è scomparso da tempo: il centro arioso sospeso come un respiro inalato. Le superfici levigate e lisce come il marmo ricordano l'iconografia rinascimentale, portando alla mente lo spirituale?
C'è movimento e grazia nell'opera. Le superfici e le pieghe sono significative quanto ciò che si trova all'interno quando si legge, giocando con ciò che è nascosto, rivelato e capovolto. L'uso del monocromo focalizza l'attenzione su una tensione tra forma e astrazione, evidente nella forma enigmatica e nella specificità del materiale.